1. La felicità delle sorelle Bennet_Capitolo 2

    AvatarBy memarybo il 28 Aug. 2014
     
    0 Comments   36 Views
    .
    Capitolo 2

    A differenza della signora Bennet completamente presa a ricordare, alla buona società di Meryton,la sua inaspettata fortuna per il matrimonio delle sue sventurate figlie che nulla potevano sperare a causa della mancanza di una dote adeguata, il signor Bennet aveva continuato a godere dell’esclusiva compagnia dei suoi rari libri passando, gran parte della giornata, chiuso nella Biblioteca di Longbourn-house.
    Come ogni gentiluomo di buon senso considerava il matrimonio un dovere al quale non potersi sottrarre se si aveva a cuore il proprio nome e la vita coniugale un impiccio al quale adattarsi con rassegnata sopportazione. Ma non essendo il primogenito e non avendo alcun obbligo nei confronti del proprio nome aveva deciso molto presto che, se mai avesse ceduto alla sconsiderata idea di prendere moglie, questo non sarebbe avvenuto prima del compimento del trentesimo anno di età. Della stessa opinione non doveva essere stato suo fratello maggiore, al quale spettavano l’onere e l’onore di preservare nome e patrimonio, perché aveva avuto la sconsiderata e intempestiva ventura di morire prima ancora di prendere moglie e suo padre, che andava lagnando da sempre di essere sul punto di morte senza però decidersi a morire, lo aveva costretto a cambiare i propri convincimenti.
    I Bennet anche se appartenevano alla buona società di Meryton, in fondo solo un villaggio di campagna senza troppa storia alle spalle nel quale avevano esercitato da sempre la professione di avvocato, potevano contare su una piccola rendita, per la regione era sufficientemente dignitosa, che veniva però da una proprietà, Longbourn house, da sempre contesa tra loro, i Gardiner, cugini che avevano in comune con la famiglia della signora Bennet, e i Collins.
    I tre rami di una stessa famiglia avevano avuto origine da tre sorelle il cui padre aveva deciso, contro una equa ripartizione della piccola proprietà che non avrebbe accontentato nessuna di loro ma neanche scontentate del tutto, che questa andasse a chi avesse generato per primo un erede maschio e così per tutte le generazione a venire. La vecchia signora Bennet era stata la più sollecita, ciò però non aveva risolto il problema che adesso si ripresentava con la nuova generazione e con l’handicap che i Bennet, questa volta, non avevano generato che femmine. Così la proprietà sarebbe passata ai Collins che avevano vinto, per così dire, la mano generando per primi un maschio, quel flaccido e noioso reverendo che aveva finito per sposare Charlotte Lucas dopo essere stato rifiutato a malo modo dalla signorina Elisabeth Bennet.
    Ma per essere più pignoli, ormai la partita si giocava esclusivamente tra i Bennet e i Collins anche perché i Gardiner, che avevano da sempre dimostrato un particolare talento nello scegliersi mogli di alto rango o con notevoli rendite, se ne erano da tempo tirati fuori elegantemente e con notevole distacco continuando a sposare patrimoni al di sopra di ogni aspettativa. Anche il signor Bennet era poco interessato alla questione ma sua moglie non aveva nessuna intenzione di cedere e di finire, come spesso lamentava, il giorno che sarebbe divenuta vedova, a vivere della carità di qualche parente alloggiata in un cottage destinato alla servitù.
    Che cosa pensasse il signor Bennet dei cinque fortunati matrimoni delle sue figlie non era dato saperlo visto che manteneva sull’argomento il più assoluto silenzio, soprattutto con sua moglie ma anche con il cugino Gardiner al quale lo legava più l’amicizia che il sangue. Anche se, riguardo a quello di Lizzy con il signor Darcy non nascondeva la sua più grande disapprovazione forse dovuta al fatto che Elisabeth era la preferita tra le sue figlie, il cui intelletto, si era sempre detto, stupefacente per una femmina, avrebbe dovuto preservarla, se non del tutto il più a lungo possibile, da quella sciagura che chiamano matrimonio. Sicuramente parte dell’avversione per quella unione gli veniva dal fatto che il ricco, scontroso, altezzoso e superbo proprietario di Pemberley non avesse mai fatto nulla per instaurare un rapporto sia pure formale con lui, si teneva a distanza con tanta superiorità da rendersi antipatico.
    Il signor Bennet si era mostrato finanche e fin troppo accondiscendente nei confronti delle sue figlie e in particolar modo verso la piccola e sconsiderata Lydia che era fuggita con il signor Wichkam, quanto almeno non riusciva a perdonare l’assoluta mancanza di tempestività e di ingegno di Lizzy, ma in cambio, quei cinque matrimoni, gli avevano procurato quella tranquillità a cui tanto anelava dal giorno che aveva, per sua disgrazia, dovuto prendere moglie.
    I vantaggi del matrimonio, secondo il signor Bennet, erano ben pochi. Forse all’inizio l’intimità poteva anche essere piacevole ma non compensava in alcun modo quella continua ritrosia per i doveri coniugali che le fanciulle di buona educazione credevano di dover mostrare al ogni legittimo avvicinamento del marito. Ritrosia alla quale facevano egregio corollario svenimenti, palpitazioni e pianti non sempre discreti.
    Nel mostrare quanto il dovere coniugale fosse gravoso la signora Bennet non aveva nulla da imparare da nessuna delle signore di Meryton e il signor Bennet temeva che avesse istruito così bene le sue figlie da non rendere affatto facile la vita ai generi appena acquisiti.
    Mentre, nella letargica atmosfera della Biblioteca di Longbourne-house, sprofondato nella sua consunta poltrona di pelle color tabacco accarezzava il bordo del voluminoso libro che teneva sulle ginocchia, il signor Bennet si lasciò andare alla considerazione che non c’era stato campo di battaglia né combattimenti con più assalti seguiti da tante ritirate come quando decideva di entrare nella camera della signora Bennet.
    Per fortuna cinque figlie in sette anni dalle nozze, li avevano resi consapevoli che non avrebbero mai generato un maschio per cui la tregua era stata bene accolta da ambo le parti.
      Share  
     
    .
 
Top